Rassegna Stampa
 
ItaliaOggi

(2025-05-19) Paradisi fiscali, chi entra e chi esce tra le mete dei flussi bancari

I soldi non partono più per la Svizzera. Ecco le nuove destinazioni. A certificarlo è l'ultima analisi dell'Unità di informazione finanziaria (Uif) della Banca d'Italia

 

Nel silenzio dei dati bancari, c'è un cambio di scena. I soldi non partono più per la Svizzera. Oggi prendono altre direzioni: Abu Dhabi, Turchia e Russia. Destinazioni che fino a qualche anno fa sembravano secondarie diventano ora il cuore pulsante dell'operatività finanziaria con l'Italia nelle aree considerate a rischio. A certificarlo è l'ultima analisi dell'Unità di informazione finanziaria (Uif) della Banca d'Italia, che monitora i flussi bancari tra operatori italiani e Paesi giudicati a fiscalità privilegiata o con carenze nei sistemi antiriciclaggio.

Nel secondo semestre del 2024, Abu Dhabi ha superato la soglia degli 8 miliardi di euro di bonifici ordinati o ricevuti dalle banche italiane. A ruota seguono Turchia e Russia, ognuna con oltre 6 miliardi movimentati. Numeri che non passano inosservati, soprattutto se confrontati con quelli di cinque anni fa: nel 2019, da Abu Dhabi (che allora era solo il quarto partner tra i Paesi a rischio) arrivavano poco più di 2,5 miliardi. Allora i flussi si concentravano su piazze come la Svizzera (con oltre 22,5 miliardi in entrata), seguita dalla Serbia con oltre 10 miliardi e Hong Kong con poco meno di 5 miliardi. La mappa dei bonifici era ben diversa.

Nel silenzio dei dati bancari, c'è un cambio di scena. I soldi non partono più per la Svizzera. Oggi prendono altre direzioni: Abu Dhabi, Turchia e Russia. Destinazioni che fino a qualche anno fa sembravano secondarie diventano ora il cuore pulsante dell'operatività finanziaria con l'Italia nelle aree considerate a rischio. A certificarlo è l'ultima analisi dell'Unità di informazione finanziaria (Uif) della Banca d'Italia, che monitora i flussi bancari tra operatori italiani e Paesi giudicati a fiscalità privilegiata o con carenze nei sistemi antiriciclaggio.

Nel secondo semestre del 2024, Abu Dhabi ha superato la soglia degli 8 miliardi di euro di bonifici ordinati o ricevuti dalle banche italiane. A ruota seguono Turchia e Russia, ognuna con oltre 6 miliardi movimentati. Numeri che non passano inosservati, soprattutto se confrontati con quelli di cinque anni fa: nel 2019, da Abu Dhabi (che allora era solo il quarto partner tra i Paesi a rischio) arrivavano poco più di 2,5 miliardi. Allora i flussi si concentravano su piazze come la Svizzera (con oltre 22,5 miliardi in entrata), seguita dalla Serbia con oltre 10 miliardi e Hong Kong con poco meno di 5 miliardi. La mappa dei bonifici era ben diversa.

Eppure, non è solo la geografia dei flussi a cambiare, ma anche le regole del gioco. La lista dei Paesi sotto osservazione, infatti, evolve e include: le giurisdizioni individuate dal Tuir (il Testo unico delle imposte sui redditi) per i regimi fiscali privilegiati; quelle non cooperative secondo il consiglio dell'Unione europea; i Paesi ad alto rischio secondo il Gafi (Gruppo di azione finanziaria internazionale) e i territori individuati dalla Commissione europea con il regolamento delegato (Ue) 2024/163.

Un mosaico normativo che cerca di riflettere la complessità dei circuiti finanziari e di aggiornarsi costantemente alle rotte più attive del denaro.

L'effetto domino dell'addio svizzero

 Fino al 2023, la Svizzera era il crocevia privilegiato per i capitali italiani. Con l'accordo bilaterale firmato nell'aprile di quell'anno e operativo dal 2024, la Confederazione è uscita dalla lista italiana dei territori a fiscalità privilegiata, non rientrando più tra le giurisdizioni oggetto di attenzione. Questo ha modificato radicalmente il quadro dei flussi osservati dalla Uif: la sua esclusione, pur rappresentando un passo avanti in termini di cooperazione fiscale, ha di fatto spostato l'attenzione verso altre destinazioni.

Croazia e Bulgaria: nuovi hub sotto osservazione

 Due new entry nella lista delle giurisdizioni a fiscalità privilegiata, invece, sono Croazia e Bulgaria. Il motivo? Lo spiega il Gafi: entrambe figurano nella "lista grigia" dei Paesi che presentano vulnerabilità sistemiche nei presìdi antiriciclaggio e nella prevenzione del finanziamento al terrorismo. Ciò le rende più esposte a fenomeni illeciti e quindi attrattive per chi vuole schermare il proprio denaro, sfruttando normative meno stringenti o controlli meno efficaci.

Nel dettaglio, la Bulgaria ha assunto impegni politici a ottobre 2023 per rafforzare la trasparenza dei registri societari, colmare le lacune nel controllo degli operatori di valute virtuali e affrontare i rischi legati alla corruzione. Il piano prevede anche interventi sui sistemi informatici di monitoraggio delle operazioni sospette (le cosiddette Sos) e un maggiore coordinamento tra forze dell'ordine e autorità finanziarie per rendere più efficace l'azione repressiva.

La Croazia, dal canto suo, è sotto osservazione per la gestione del contante nel settore immobiliare, ritenuta vulnerabile a usi opachi, e per il ritardo nel rafforzare la capacità investigativa su reati finanziari. Il piano d'azione approvato con il Gafi prevede il completamento della valutazione nazionale dei rischi, il potenziamento dell'unità di informazione finanziaria e un maggior controllo sulle società di comodo e sulle fondazioni utilizzate come "scatole nere" per occultare asset. Sono piccoli Stati Ue, con sistemi bancari integrati ma ancora esposti.

I flussi non spariscono, diventano invisibili

 Nel complesso, i bonifici da e verso le giurisdizioni a rischio rappresentano ancora una quota contenuta dell'operatività bancaria italiana: lo 0,9% in entrata e lo 0,8% in uscita. Ma il valore assoluto è tutt'altro che trascurabile: quasi 90 miliardi di euro nel semestre.

E se il confronto con il 2019 mostra un calo (da 50,5 a 49,3 miliardi in entrata, da 45,1 a 40,1 miliardi in uscita), non è il segnale di una ritirata dai paradisi fiscali. Al contrario: si tratta di un effetto ottico dovuto all'uscita della Svizzera dalla lista Uif. I capitali non sono diminuiti, ma semplicemente non sono più intercettati dai dati ufficiali. Quello che sembra un calo è in realtà una perdita di visibilità. Il rischio, dunque, non si è ridotto: si è solo spostato fuori dal radar.

 

Eppure, non è solo la geografia dei flussi a cambiare, ma anche le regole del gioco. La lista dei Paesi sotto osservazione, infatti, evolve e include: le giurisdizioni individuate dal Tuir (il Testo unico delle imposte sui redditi) per i regimi fiscali privilegiati; quelle non cooperative secondo il consiglio dell'Unione europea; i Paesi ad alto rischio secondo il Gafi (Gruppo di azione finanziaria internazionale) e i territori individuati dalla Commissione europea con il regolamento delegato (Ue) 2024/163.

Un mosaico normativo che cerca di riflettere la complessità dei circuiti finanziari e di aggiornarsi costantemente alle rotte più attive del denaro.

L'effetto domino dell'addio svizzero

 Fino al 2023, la Svizzera era il crocevia privilegiato per i capitali italiani. Con l'accordo bilaterale firmato nell'aprile di quell'anno e operativo dal 2024, la Confederazione è uscita dalla lista italiana dei territori a fiscalità privilegiata, non rientrando più tra le giurisdizioni oggetto di attenzione. Questo ha modificato radicalmente il quadro dei flussi osservati dalla Uif: la sua esclusione, pur rappresentando un passo avanti in termini di cooperazione fiscale, ha di fatto spostato l'attenzione verso altre destinazioni.

Croazia e Bulgaria: nuovi hub sotto osservazione

 Due new entry nella lista delle giurisdizioni a fiscalità privilegiata, invece, sono Croazia e Bulgaria. Il motivo? Lo spiega il Gafi: entrambe figurano nella "lista grigia" dei Paesi che presentano vulnerabilità sistemiche nei presìdi antiriciclaggio e nella prevenzione del finanziamento al terrorismo. Ciò le rende più esposte a fenomeni illeciti e quindi attrattive per chi vuole schermare il proprio denaro, sfruttando normative meno stringenti o controlli meno efficaci.

Nel dettaglio, la Bulgaria ha assunto impegni politici a ottobre 2023 per rafforzare la trasparenza dei registri societari, colmare le lacune nel controllo degli operatori di valute virtuali e affrontare i rischi legati alla corruzione. Il piano prevede anche interventi sui sistemi informatici di monitoraggio delle operazioni sospette (le cosiddette Sos) e un maggiore coordinamento tra forze dell'ordine e autorità finanziarie per rendere più efficace l'azione repressiva.

La Croazia, dal canto suo, è sotto osservazione per la gestione del contante nel settore immobiliare, ritenuta vulnerabile a usi opachi, e per il ritardo nel rafforzare la capacità investigativa su reati finanziari. Il piano d'azione approvato con il Gafi prevede il completamento della valutazione nazionale dei rischi, il potenziamento dell'unità di informazione finanziaria e un maggior controllo sulle società di comodo e sulle fondazioni utilizzate come "scatole nere" per occultare asset. Sono piccoli Stati Ue, con sistemi bancari integrati ma ancora esposti.

I flussi non spariscono, diventano invisibili

 Nel complesso, i bonifici da e verso le giurisdizioni a rischio rappresentano ancora una quota contenuta dell'operatività bancaria italiana: lo 0,9% in entrata e lo 0,8% in uscita. Ma il valore assoluto è tutt'altro che trascurabile: quasi 90 miliardi di euro nel semestre.

E se il confronto con il 2019 mostra un calo (da 50,5 a 49,3 miliardi in entrata, da 45,1 a 40,1 miliardi in uscita), non è il segnale di una ritirata dai paradisi fiscali. Al contrario: si tratta di un effetto ottico dovuto all'uscita della Svizzera dalla lista Uif. I capitali non sono diminuiti, ma semplicemente non sono più intercettati dai dati ufficiali. Quello che sembra un calo è in realtà una perdita di visibilità. Il rischio, dunque, non si è ridotto: si è solo spostato fuori dal radar.

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